Il MOSTRO OTTAVIO MALEDUSI

Tutti gli altri non vedono l’ora di realizzare una mostra. LA Mostra!
Per dire al mondo di quanto sono fighi, importanti, che hanno conosciuto la gente giusta nelle situazioni giuste: “guarda qui che figo che sono! anche io ho la mia mostra!!!”
Ottavio Maledusi no.
Ottavio non si accontenta di alimentare il proprio Ego con inutili equilibrismi.
NO!
Ottavio, che è un mostro, realizza il Mostro di Ottavio Maledusi.
Ritratti dove la volontà endemica dell’essere trova l’alfabeto dell’immagine per rivelare non solo esegetiche realtà ma anche rivoluzionarie entropie, che finalmente trovano la maniera di rivelarsi per accogliere il massimo che la Fotografia ci può regalare: il nulla.
Si fotografa per dire io c’ero.
Io ero lì.
Ottavio no, Ottavio non era lì, perché Ottavio è sempre da un’altra parte.
Per un semplice e meraviglioso motivo: se io non esiste, se io non c’è, ecco, allora anche Ottavio Maledusi non esiste.
Ma d’altronde, sei così sicuro, tu che mi leggi, di esistere?

Settimio Benedusi

 

 

 

In convinta e concentrata frequentazione del mondo fotografico, l’attento Ottavio Maledusi vi partecipa coinvolgendo i personaggi via via incontrati e seguìti in una sorta di performance davanti al suo obiettivo. In inquadratura prestabilita, in luoghi privati all’interno delle esistenze dei singoli protagonisti invitati alle sue presenze multiple, il soggetto si muove e agisce in attimi propri, per essere poi riportato in una composizione complessiva che sintetizza i singoli istanti individuali, concentrati in una visione unica e rappresentativa. Per quanto l’azione creativa e compositiva riveli giusto la possibile e plausibile contemporaneità di collocazione nello spazio compositivo (uno, nessuno… centomila?), l’insieme dei soggetti -personalità di spicco della fotografia italiana- riferisce, divulga e diffonde la coinvolta partecipazione dell’autore, che palesa senza timore la propria stima e amicizia con ciascuno di loro e con loro tutti assieme.

Maurizio Rebuzzini

 

 

 

Qualche anno fa ho avuto il piacere di vedere il primo ritratto della serie, ancora in embrione, di “Amici miei”. Era il ritratto fatto da Ottavio Maledusi a Filippo Rebuzzini.
Filippo e Ottavio:
il dualismo di due entità una reale e l’altra virtuale. La prima silenziosa e cauta, la seconda un ologramma che consente alla prima di esprimere tutto il suo potenziale artistico. paradossale.
Ottavio e Filippo:
in questo ritratto si condensa quello che può realizzare la potenza di un Ego, positivamente controllato dall’ironia, che non conosce confini e si sviluppa in molteplici soluzioni. Questo, e non solo, è il valore e il senso di “Amici miei”; i ritratti realizzati colpiscono tanto i soggetti quanto lo spettatore.
Ottavio elabora la scena come se fosse un film che deve essere condensato in una sola immagine, realizza un paradosso. Il tempo e lo spazio sono annullati da una composizione equilibrata che fonde il soggetto nel proprio ambiente. Una rappresentazione dell’EGO del Protagonista vittima, felice, dell’ironia del Regista. Come i migliori ritrattisti del passato, Filippo realizza così una galleria di ritratti variegata e multiforme.
…E lo spettatore?
Ancora un dualismo. Chi vede i ritratti rimane affascinato dai rimandi delle composizioni. Chi vede il proprio ritratto, come chi scrive, si domanda ancora chi è.

Massimo De Gennaro

 

 

 

UNO NESSUNO CENTOMILA

Fantastica fotografia realizzata con la modalità ritrattistica ormai consolidata da tempo da parte dell’autore dal nome d’arte simpaticamente ironico-parodistico – Ottavio Maledusi – sotto cui si cela un fotografo figlio d’arte, Filippo, che conosco da quando era bambino.
Avevo visto sui social o in altre occasioni molti dei suoi ritratti così impostati di tanti amici e conoscenti del mondo della fotografia e l’idea mi era subito piaciuta perché contiene in sé – pur nella serialità dell’impostazione – una grande dose di continua creatività applicata alla personalità di ogni soggetto fotografato.
Tuttavia, quando poi ci si ritrova ritratti personalmente e ci si specchia all’interno di un ambiente in pose diverse a paradossalmente dialoganti tra loro, si crea comunque una sorta di simpatico disagio, uno spiazzamento di identità e il turbamento corre a certe riflessioni di sapore pirandelliano o comunque surreali.
Lo straniamento che ne deriva è la forza di questa fotografia e in generale di questo lavoro di Filippo.
Uno straniamento che diverte. Che fa riflettere.
Grazie molte Filippo.

Pio Tarantini

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